Sono in partenza tre corsi on-line – in lingua inglese – organizzati da EUN Academy:
1) Teaching with Space and Astronomy in your Classroom,
2) Cultural Diversity in your Classroom,
3) Competences for 21st Century Schools.
Per le informazioni si rimanda al sito web di EUN Academy.
Fonte: www.indire.it/2016/08/25/sei-un-docente-iscriviti-gratis-ai-corsi-online-della-eun-academy-in-partenza-da-settembre.
Mese: agosto 2016
ETWINNING: uno strumento per insegnare e apprendere in un contesto europeo divertendosi.
eTwinning è una piattaforma online che consente ad insegnanti di tutta Europa e oltre di incontrarsi, scambiarsi idee e buone pratiche, realizzare progetti collaborativi in tutta sicurezza.
La piattaforma è attiva dal 2005.
Tutto comincia con la registrazione a titolo individuale sulla piattaforma http://etwinning.indire.it (non vi è nessuna scadenza o vincolo burocratico per registrarsi e attivare un progetto). Tutti i docenti di qualsiasi materia e livello scolastico, scuole pubbliche o paritarie, DS e altro personale delle scuole possono registrarsi. eTwinning consente l’attivazione di progetti di gemellaggio elettronico a distanza tra scuole, partecipazione ad eventi di formazione online, discussioni su tematiche inerenti l’attualità pedagogica e didattica, gruppi di lavoro e tanto altro.
Gli Stati europei che partecipano a eTwinning sono 28. La Parola d’ordine è “collaborazione!”.
Oltre allo SCAMBIO COLLABORATIVO via WEB di materiali ed esperienze, alla FACILITÀ D’USO, alla SICUREZZA E ASSISTENZA PERMANENTI già citati, altre caratteristiche e/o finalità importanti di eTwinning sono: una continua INNOVAZIONE DIDATTICA (attraverso l’uso della piattaforma e l’introduzione di strategie di insegnamento-apprendimento ormai consolidate quali: la peer education, il cooperative learning, gli EAS, il BYOD); l’inserimento del gruppo classe (o dei gruppi classe) in un CONTESTO MULTICULTURALE che stimoli la MOTIVAZIONE E IL RICONOSCIMENTO DELLA PROPRIA IDENTITA’ CULTURALE.
Il valore pedagogico e didattico della progettualità eTwinning è riconosciuto anche dal PNSD (a pag 21), che lo cita come esempio di buona pratica.
eTwinning, attraverso la collaborazioni tra docenti e alunni di diverse nazionalità e un programma di attività formative ad hoc (learning events, seminari…), che di anno in anno vengono proposte agli iscritti, consente ai docenti una formazione in servizio aperta ad una DIMENSIONE EUROPEA, capace di creare e fortificare, anche negli studenti, un sentimento di cittadinanza europea condiviso.
I Progetti vengono elaborati in piattaforma attraverso la creazione di una classe virtuale (TwinSpace). La piattaforma consente una totale flessibilità nella predisposizione delle attività, dei temi da affrontare e della durata della collaborazione (l’unico vincolo rilevante è che il progetto deve entrare a far parte integrante del curricolo programmato). L’assistenza costante e personalizzata è caratterizzata da frequenti monitoraggio e certificazioni di qualità rilasciate dalle unità eTwinning nazionali ed europee.
Anna Chiara Marcialis
PNSD: un abito da modellare a misura di scuola
A cura di Laura Neri, Animatore Digitale dell’IC Monte Rosello Alto di Sassari.
Quando una scuola opera in un contesto territoriale cosiddetto ‘difficile’, ogni proposta nuova sembra sempre una sfida insormontabile, un’impresa alla Mission Impossible, dove gli attori principali, se non soccombono, ne escono comunque con un bel po’ di traumi e lesioni!
Se da proposta nuova si passa poi a proposta innovativa le cose si complicano ulteriormente, i paradigmi diventano più oscuri e lì si entra inesorabilmente in territori tra la magia e l’eroismo, in cui, per venirne fuori, sarebbe auspicabile, per non dire necessaria, un’alleanza di potenza pari a quella immaginabile, per esempio, tra Harry Potter e gli Avengers (per rimanere in tema di citazioni cinematografiche).
La persuasione di alcuni colleghi e, più in generale, del personale della scuola, all’utilizzo delle tecnologie nella prassi quotidiana – ormai giustamente disillusi dall’ennesima riforma, dal milionesimo tentativo di rivoluzione del sistema, con la velata (a volte neanche troppo) insinuazione che la ‘versione precedente’ del modello organizzativo e formativo servisse a poco o niente – non richiede infatti solo sforzi fisici e mentali allo stremo della resistenza, ma spesso il reperimento di potenti formule e pozioni magiche!
Mi spiego meglio, con un caso banale ma, a mio avviso, sufficientemente emblematico: convinco il collega di Scienze, esausto del disinteresse a lezione dei ragazzi di una terza media, che le molecole potrebbero diventare più allettanti se presentate attraverso un video sulla LIM e una lezione costruita, per esempio, come attività di gruppo, incentrata su ricerca e selezione in classe di materiali digitali a tema; ops!, il docente mi ricorda che in classe c’è la LIM, ma, ahimè, è stato rubato il proiettore il mese scorso; no problem!, insisto io: la modalità BYOD dà sempre ottimi risultati anche in questi casi di carenza di dotazioni tecnologiche in classe; altro dettaglio: manca la connessione ad internet e qui la situazione inizia a complicarsi; attingo a tutte le mie riserve di inventiva e creatività, ma non mi viene altro da suggerire se non il ricorso alla connessione personale dei ragazzi, auspicando che le famiglie siano favorevoli ad un suo utilizzo per la didattica (mi ripeto intimamente e con convinzione, mentre espongo la proposta al collega, che io da mamma lo sarei!); ma quando mi spiega che in classe sono presenti tre ragazzi ROM che, non solo non hanno il cellulare, ma non portano mai neanche libri e quaderni, ed è presente anche una discreta percentuale di ragazzi che non dispongono di device personali e/o di connessione, ecco che non mi rimane che interpellare i migliori maghi di tutta la saga di Harry Potter per poter trovare la formula che mi aiuti a coniugare tecnologia e IMPOSSIBILITA’ di usarla!
Pensate che io mi sia arresa troppo in fretta?
Errore!
In separata sede, e dopo aver ringraziato il collega per la disponibilità ad un confronto su “molecole-versione-innovativa-no-possible”, rifletto a lungo e ragiono proprio sulla parola innovazione, riflessione supportata dal lungimirante aforisma di Karl Raimund Popper: “La consapevolezza non inizia con la cognizione o con la raccolta di dati o fatti, ma con i dilemmi”.
Ed io ho un mio dilemma di partenza, come Animatore Digitale: il dilemma è proprio l’innovazione, non di per sé, come concetto o teoria, ma collocata nell’hic et nunc di una scuola fragilissima sul piano del digitale e delle infrastrutture.
Mi si apre un mondo, una serie di riflessioni, dilemmi si aggiungono a dilemmi, ma la consapevolezza pare una luce lontana, quasi irraggiungibile.
E tra le tante, frenetiche letture, compare una vecchia conoscenza: il mio docente di Comunicazione Pubblica dell’Università, Prof. Piero Dominici (pierodominici.nova100.ilsole24ore.com), scrive da anni sul tema e le sue intuizioni sull’importanza di educare alla complessità e al pensiero critico (cit. – www.techeconomy.it – 2016/04/05) iniziano progressivamente a dare un senso al mio pensiero, a fargli acquisire una traiettoria più definita:
– i dilemmi di Popper (e quelli di Potter!) volgono verso una maggiore consapevolezza del mio ruolo e dei miei compiti non solo come docente, ma anche come “promotore di azioni nell’ambito della progettazione, sicurezza, privacy, copyright, ambienti di apprendimento, connettività, fundraising, orientamento e carriere, cittadinanza digitale, sviluppo pensiero computazionale, robotica, risorse educative aperte, formazione e accompagnamento, digital literacy, inclusione,…”, ossia come Animatore Digitale (spero che, dal su citato elenco, solo parziale, della azioni spettanti all’AD, chi di voi ritenesse il mio riferimento a magia ed eroismo, inappropriato al contesto, si sia, almeno in parte, ravveduto);
– la politica dell’inclusività prende il ruolo di possibile soluzione dell’esclusività digitale o digital divide;
– l’innovazione tecnologica assume un ruolo non prioritario rispetto all’urgenza di un’innovazione di tipo culturale (cit.);
Invito, a tal proposito, a leggere integralmente l’intervento del Prof. Piero Dominici per cogliere aspetti di maggiore complessità e legami sociali-culturali-logici-umanistici più profondi e articolati di quanto io non sia stata in grado di rappresentare.
Riconosco di aver divagato, indegnamente, sui grandi sistemi, ma mi servono/ci servono chiavi di lettura più ampie per interpretare il cambiamento e riadattarlo sulla base dei contesti in cui operiamo, a volte così lontani dai cambiamenti proposti (?) dall’alto.
Quindi, torno con i piedi per terra e mi chiedo: quale innovazione per la mia scuola, istituto comprensivo con 900 alunni, 100 docenti e meno della metà di personale ATA, sita nel quartiere periferico del Monte Rosello Alto di Sassari?
Forse la chiave di lettura è pensare all’innovazione, in termini di destabilizzazione (“Innovare significa destabilizzare” – cit.) e non, banalmente, di rincorsa schizofrenica agli ultimi device tecnologici da applicare alla didattica o alla gestione della documentazione amministrativa.
E destabilizzare, nella micro-società complessa della mia scuola e del suo territorio, potrebbe essere ‘semplicemente’ un lavoro strutturato di auto-analisi e auto-critica, individuale e in team, una ricerca di metodologie davvero utili all’attività formativa ed organizzativa, in cui la tecnologia rappresenti uno strumento utile di lavoro, non il suo obiettivo.
Lo ammetto: nella mia scuola non siamo tutti e del tutto pronti ad una vera rivoluzione digitale, in senso letterale, ma come docenti e, più in generale, come persone (Dirigente e Direttore SGA, compresi) che lavorano in una scuola ‘difficile’, ritengo, consapevole del rischio di apparire presuntuosa, che siamo già operativi in termini di soluzioni innovative, pronti cioè ad accogliere le sfide, a interpretarle in modo critico, a ricercare soluzioni condivise e condivisibili, inclusivi verso studenti, famiglie e territorio, in quanto termometro delle esigenze del quotidiano e della vita reale. Sentiamo l’onere di sforzarci per offrire alla nostra utenza strumenti concreti e utili di riscatto sociale e culturale.
Alla luce di un’esigenza sempre più forte di creare comunità di interesse, occasioni di incontro, contesti di comunicazione e di informazione, siano essi reali o virtuali, l’Animatore Digitale, il Team per l’Innovazione, la Dirigenza, i singoli docenti, il personale ATA, compiono i loro primi passi nell’ambito delle azioni del PNSD, contenitore cui dare un senso, una personalità plurima e differenziata, sulla base delle diverse realtà territoriali delle scuole in cui esso viene letto, interpretato, adattato e, infine, adottato. Un abito insomma da modellare su corpi diversi, per garantirne la migliore vestibilità.
Proviamoci, anche se il ruolo di sarto non è contemplato tra le mansioni dell’AD!
Tutta questa logorroica premessa per segnalare ai colleghi Animatori Digitali – che non abbiano abbandonato la lettura del mio post molti capoversi prima (avreste tutta la mia comprensione) -, che il mio lavoro come AD verrà periodicamente registrato al seguente link: pnsdmonteroselloalto.wordpress.com.
Spero che qualcosa possa esservi utile.
Grazie per la vostra paziente attenzione.
Laura Neri, AD dell’IC Monte Rosello Alto – Sassari
Didattica a commutazione di contesto e BYOD
Cari colleghi e colleghe,
sono Antonello Zizi, un docente del Giua di Cagliari, e dal giorno del mio inserimento in ruolo mi sono occupato di innovazione in ogni ambito che ho avuto il piacere di esplorare.
Vorrei proporre un contributo che riguarda due diverse facce della stessa medaglia, ovvero da una parte come cercare di portare novità anche metodologiche nella scuola, dall’altra parte come valutare l’impatto che alcune novità possono avere dal punto di vista dei sistemi.
Il primo contributo riguarda una metodologia didattica che prende il nome dalla modalità di funzionamento del microprocessore nei moderni sistemi operativi (context switch) ma che trae spunto dalla psicologia della comunicazione, il secondo invece è una riflessione su cosa il BYOD può portarsi dietro in termini di problematiche tecniche non sempre evidenti.
Contributo 1:
Contributo 2:
BYON: il “lato oscuro” del BYOD
Il PNSD segna un punto di svolta nel panorama scolastico italiano. Oggi l’attenzione è concentrata su come integrare la tecnologia in classe e favorire l’acquisizione da parte degli studenti delle competenze tecnologiche necessarie per orientarsi agevolmente nella società del XXI secolo.
Molti sono i forum e gli eventi formativi dedicati al digitale e alle nuove metodologie didattiche legate al mondo della tecnologia, e tra le varie azioni (meglio sottoazioni) vorrei parlare di BYOD, ovvero l’uso a scuola dei dispositivi personali degli studenti, connessi alla rete d’Istituto e impiegati nelle varie forme di didattica alternativa.
Tanti sono gli aspetti positivi e condivisibili che si sono discussi in merito a questa modalità di utilizzo dei dispositivi personali, ma a mio parere è stato tralasciato un punto imprescindibile: La sicurezza dei sistemi e dei dati.
In altri stati e in altri ambiti da qualche anno si sente parlare di “BYON” ovvero Bring your owner network. Questo fenomeno, ancora poco analizzato qui da noi, riguarda la capacità, per ogni utente, di disporre della propria rete personale interconnessa ad Internet.
Non c’è niente di diverso dal portare con se il proprio smartphone o il proprio tablet il quale, grazie al contratto col proprio operatore, è in grado di accedere alla rete e di navigare in qualunque sito.
Allora, se in passato gli amministratori della rete potevano bloccare l’accesso e selezionare le applicazioni e gli ambienti web attraverso politiche di controllo, col BYON gli studenti possono aggirare i filtri della scuola utilizzando le proprie reti mobili e Wi-Fi hot-spot, facendo nascere quello che è l’ultimo problema di sicurezza per la scuola e costringendo gli amministratori di rete ad affrontare un carico di lavoro sempre più impegnativo alla ricerca dei modi per proteggere gli studenti e la scuola stessa, dalla diffusione di malware, oltre che per impedire le dannose fughe di dati e il determinarsi della visibilità incondizionata di tutti i dispositivi sulla rete.
Questo aspetto, dunque, determina più di una situazione pericolosa dal punto di vista della sicurezza informatica in quanto:
- Le politiche di sicurezza poste in atto dall’amministratore della rete scolastica sono relative alla rete interna;
- gli studenti possono aggirare i filtri della scuola utilizzando le proprie reti mobili e Wi-Fi hot-spot;
- Un dispositivo in BYON funge da bridge tra la rete scolastica (sicura) e ogni altro servizio del Web (anche del deep Web) che potrebbe portarsi dietro software malevolo e minare la sicurezza del resto della rete.
Il BYOD dunque offre molteplici possibilità ma porta con se molteplici criticità.
Oltre al BYON ci sono altri aspetti che dovrebbero far riflettere per permetterci di avere un approccio proattivo circa la protezione dei dati e dei sistemi, piuttosto che dover essere reattivi dopo che il danno è già stato fatto.
Una criticità che ho individuato riguarda il BYOD in istituti a forte caratterizzazione tecnologica ed informatica.
In tali contesti, si sa, la maggior parte degli studenti ha (fortunatamente) una grande passione per l’Informatica e la tecnologia, e la maggior parte delle volte (purtroppo) questa passione coincide con un desiderio smisurato di imparare le tecniche di “hackeraggio” inteso come la capacità di violazione di sistemi e del superamento dei meccanismi di sicurezza.
I sistemi informatici scolastici (e non solo) offrono un fronte consistente di protezione maggiormente dal lato front-end, (dall’esterno verso l’interno). Potenti firewall monitorizzano le richieste e il traffico in entrata e, grazie a numerose regole ad hoc, sono in grado di far fronte agli attacchi provenienti dall’esterno.
Ma com’è la situazione dall’interno?
Nella maggior parte dei casi troviamo alcune restrizioni sui protocolli (es. bloccare i protocolli di connessione tra pari “P2P”) e niente più.
Permettere dunque la connessione di dispositivi BYOD, in alcuni casi, potrebbe compromettere la sicurezza globale del sistema e si potrebbero compromettere anche postazioni contenenti dati sensibili.
Certo, in teoria le linee dati di segreteria sono fisicamente separate dalle linee dati della didattica, ma anche in questa fortunata ipotesi non ci sarebbe da stare completamente tranquilli.
Pensiamo ad esempio ai dati dei registri elettronici, ai server di posta, alle postazioni dove si preparano le prove scritte, etc.
Come sarebbe una scuola dove gli studenti possono accedere ai registri, modificare valutazioni, leggere in anticipo le prove scritte, spiare ogni tasto premuto dai docenti o dal personale?
Certo, esiste una normativa che punisce pesantemente i reati informatici, ma come possiamo pensare che questo sia un deterrente sufficiente in grado di frenare l’istinto curioso e la fantasia dei giovani studenti, a maggior ragione se si parla di studenti con una smisurata passione per l’informatica?
Ma sarà davvero così?
Le scuole che adottano BYOD rischiano davvero così tanto?
Per rispondere a queste domande, al termine dell’a.s. ho installato kali linux sul mio notebook e dopo aver effettuato la connessione alla rete interna d’istituto ho effettuato un test per misurare il grado di protezione e la robustezza del sistema in caso di attacchi provenienti dall’interno.
Tralasciando lo sniffing del traffico in chiaro, cosa che si ottiene praticamente in automatico su tutte le VLAN dell’istituto (non solo in quella alla quale ci si connette), non ho avuto difficoltà ad inquinare qualche tabella ARP e a portare avanti un attacco MITM che mi ha dato la possibilità di fare SSL Strip per lo sniffing del traffico criptato sotto SSL.
Ora, questo non è il luogo dove discutere dati particolareggiati, ma vi assicuro che con una mezz’ora di tentativi, e con pochi “grammi” di meterpreter e metasploit (se non sapete cosa sono è meglio!) sono diventato velocemente il padrone del mondo! Ho sperimentato la possibilità di installare keylogger e di attivare sessioni “spia” da remoto, senza mai avvicinarmi ad una macchina, ma sfruttando le varie vulnerabilità che kali linux mi ha segnalato puntualmente.
Concludendo invito ad una riflessione su cosa permettiamo e come lo permettiamo perché, in caso contrario, rischiamo di finire in ostaggio della stessa tecnologia che vogliamo diffondere.
Spero vivamente che questa riflessione possa essere utile per tutti coloro che sono chiamati a gestire l’evoluzione del digitale nei propri istituti.
Antonello Zizi
Storytelling step by step
(Contributo originale di Anna Rita Vizzari)
Le sezioni in cui si articola il presente contributo sono le seguenti (cliccando si approda alle singole sezioni):
A) Che cos’è e a che cosa serve lo Storytelling.
B) Tipologie di “prodotto” di Storytelling.
C) Fasi e step dello Storytelling.
D) Strumenti utili per lo Storytelling.
E) Esempi e link utili sullo Storytelling a scuola.
F) Bibliografia essenziale sullo Storytelling.
Per una rappresentazione visuale schematica sull’argomento, vedere il Prezi Lo storytelling in infografica dinamica.

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Lo Storytelling è il procedimento del narrare una storia con obiettivi precisi:
Qua ci interessa particolarmente il Digital Storytelling, ossia la narrazione che viene effettuata con strumenti digitali: questa categoria a volte viene considerata di per sé stante e altre volte viene considerata comprensiva di altre fra quelle sotto riportate, il cui nome fa riferimento al medium o allo strumento al quale si ricorre per la narrazione.
Green Screen Storytelling | Video Storytelling | Graphic Storytelling |
Web Storytelling | Story Mapping | Visual Storytelling |
Social Media Storytelling | Transmedia Storytelling | Multiplatform Storytelling |
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Quali tipologie di “prodotto” si possono realizzare con il Digital Storytelling? Eccone alcune.
Booklet/Flipbook | eBook | Fumetti |
Infografiche | Slideshow | Mappe |
Sketchbook | Scrapbook | Cartoon |
Podcast | Podcast video | Video |
Tutorial | Videotutorial | Machinima |
Narrazioni aumentate | Narrazioni nei social | Trailer |
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In genere, quando si parla di prodotti legati allo Storytelling si individuano 3 fasi:
1) Pre-produzione,
2) Produzione,
3) Post-produzione.
In questo articolo si individuano 7 step: a seconda del “prodotto” che si intende realizzare, qualche step si può saltare. Va detto anche che l’attribuzione degli step all’una o all’altra fase varia nelle fonti.
Vediamo ora i singoli step.
Step 1) Progettazione: individuazione di obiettivi e destinatari
Bisogna individuare il target:
– se intendiamo comunicare: che cosa vogliamo comunicare a chi?
– se intendiamo persuadere: chi vogliamo convincere e a fare che cosa?
– se intendiamo documentare: quale processo/operazione/percorso vogliamo documentare a chi?
– se intendiamo meta-riflettere: su quale aspetto vogliamo attivare una riflessione metacognitiva e con chi?
Step 2) Progettazione: soggetto
Si tratta di un breve testo o di una mappa che sintetizza la trama. Spesso si parte da un problema per mostrare a quali soluzioni si è approdati.
Quando si sta per raccontare una storia, si effettuano delle scelte (consapevoli o meno) riguardo ad alcuni elementi di Narratologia, per esempio il rapporto fra fabula (ordine cronologico degli eventi) e intreccio (narrazione): farli coincidere oppure ricorrere a espedienti come analessi (flashback), prolessi (flashforward), ellissi?
Step 3) Progettazione: sceneggiatura e/o storyboard
La sceneggiatura è generalmente un testo con una formattazione funzionale, contenente le battute dei personaggi e le indicazioni per la regia; lo storyboard è una sceneggiatura visuale. A seconda del prodotto che si intende realizzare, si può ricorrere anche soltanto a una delle due tipologie di progettazione.
Step 4) Realizzazione: creazione dei singoli media
A seconda del tipo di prodotto che si è scelto di realizzare, cambia la combinazione di elementi che vi dovranno confluire: nella tabella sottostante si propone una ripartizione per tipo di medium.
Tipo | Elementi |
Testi |
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Immagini |
|
Audio |
|
Video |
|
Altro |
|
Step 5) Realizzazione: montaggio
A questo punto viene realizzato il prodotto finale, assemblando i diversi media indicati nella tabella dello Step 4 (immagini e/o video, testi, musiche, audio etc.).
Particolarmente nella fase di montaggio, è bene tenere conto dei Principi del Mayer per evitare il sovraccarico cognitivo:
Bisogna inoltre assicurarsi che i propri prodotti e la loro condivisione (ad esempio nel blog) non violino la Legge:
1) Privacy e liberatorie,
2) Copyright e Copyleft,
3) Cookie Law.
Step 6) Post-produzione: labor limae
Consiste nella correzione e nella limatura del prodotto finale, generalmente utilizzando gli stessi strumenti dello step precedente.
Step 7) Diffusione e condivisione
Consiste nell’upload del prodotto mediante il servizio di sharing più adatto alla tipologia. In genere questi servizi forniscono contestualmente l’opzione di condivisione nei social più noti.
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Riguardo ai dispositivi, non servono strumentazioni specialistiche, ormai, in quanto è sufficiente anche lavorare in assetto BYOD (Bring Your Own Device): smartphone, tablet, notebook, netbook.
Per ogni dispositivo e sistema operativo esiste una gamma di software (sw), applicazioni (app) e webware (ww). Un repertorio di strumenti (organizzati per tipologia) è su www.pearltrees.com/vizzanna/narrare/id15507345.

Riguardo alle attrezzature, per la realizzazione di video più sofisticati si può contemplare un “Chroma key set” (o “Green screen set”). Di che cosa si tratta? Di un allestimento con uno sfondo (generalmente verde, ma anche blu) davanti al quale vengono effettuate le riprese delle persone. In post-produzione si può così isolare lo sfondo dalle persone, per modificarlo (inserendo per esempio uno scenario).

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In Inglese
- University of Houston, Educational Uses of Digital Storytelling website digitalstorytelling.coe.uh.edu).
- Future Classroom Lab, Learning Zones – Create (fcl.eun.org/it/create).
- Kathy Schrock, Digital Storytelling across the curriculum. Presentation resources (www.schrockguide.net/digital-storytelling.html).
- @EdTechTeacher21, Digital Storytelling in the Classroom (edtechteacher.org/tools/multimedia/digital-storytelling).
- Håkon Erichsen, Creative Building and Storytelling With Minecraft (letiziajaccherihp.files.wordpress.com/2010/06/tdt69_erichsen_2.pdf).
- Storytelling Schools (storytellingschools.com).
- Samantha Morra, 8 Steps to Great Digital Storytelling (edtechteacher.org/8-steps-to-great-digital-storytelling-from-samantha-on-edudemic)
- Green Screen Activities – Kids (it.pinterest.com/cmartin1970/a-kids-green-screen-activities).
- TRAKAXPC, Lesson Plan – Using Green Screen in the Classroom (trakax.com/lesson-plans/using-green-screen-in-the-classroom)
In Italiano
- AA.VV. (a cura del Servizio Marconi), BYOD Technologies in Italian classrooms (sites.google.com/a/g.istruzioneer.it/byod/home).
- AA.VV. (a cura dell’Università di Cagliari), Video for Teachers, Materiali del Convegno (sites.unica.it/video4teachers/iniziative/convegno2016).
- Andrea Benassi, Girare un film in classe con i mondi virtuali (repository.indire.it/repository/working/export/6239).
- Maria Guida, Il nostro Social Network: un luogo fuori della scuola ma dentro la classe (vimeo.com/13737410; vedere anche l’articolo su www.educationduepuntozero.it).
- Raffaella Fiorini, Booktrailers (www.scuola-digitale.it/uncategorized/booktrailers).
- Gianfranco Marini, Digital Storytelling: Cos’è, come utilizzarlo nella didattica, con quali strumenti si realizza (wordpress.com/2015/02/18/digital-storytelling-cose-come-utilizzarlo-nella-didattica-con-quali-strumenti-si-realizza).
- Mara Masseroni, Storytelling in modalità Flipped Classroom (bricks.maieutiche.economia.unitn.it/2015/06/20/storytelling-in-modalita-flipped-classroom).
- Caterina Moscetti, Digital storytelling: il riuso del calzino spaiato (www.scuolavalore.indire.it/nuove_risorse/digital-storytelling-il-riuso-del-calzino-spaiato)
- Laura Parigi, L’elaborato finale? Che storia! (forum.indire.it/repository/working/export/5781/19046.htm).
- Patrizia Vayola, Digital Storytelling, flipped classroom e usi vari del video a scuola (mappa su mindomo.com).
- Anna Rita Vizzari, Come fare la documentazione finale di Cl@ssi 2.0? (www.scuola-digitale.it/prog_ansas/classi2-0/come-fare-la-documentazione-finale-di-clssi-2-0).
- Anna Rita Vizzari, Un’esperienza cl@ssi 2.0: che cosa fare, come documentare (www.scuolavalore.indire.it/nuove_risorse/unesperienza-clssi-2-0-che-cosa-fare-come-documentare e forum.indire.it/repository/working/export/5907).
- Anna Rita Vizzari, Canali di Video di riflessioni degli alunni (vimeo.com/channels/496893 e vimeo.com/channels/413002).
- Anna Rita Vizzari, Canale di machinima di Storia (vimeo.com/channels/archeomuve).
- Anna Rita Vizzari, video L’Ora del Codice (vimeo.com/114375156).
- Anna Rita Vizzari, video BYOD a Sestu (vimeo.com/82371802).
- Anna Rita Vizzari, Repertorio di strumenti (organizzati per tipologia) su pearltrees.com/vizzanna/narrare/id15507345.
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- ANICHINI, A. (2010). Il testo digitale: leggere e scrivere nell’epoca dei nuovi media. Milano, Apogeo.
- BONAIUTI, G., & CALVANI, A. (2011). Principi di comunicazione visiva e multimediale: fare didattica con le immagini. Roma, Carocci.
- CAIRO, A. (2013). L’arte funzionale: infografica e visualizzazione delle informazioni. Milano [etc.], Pearson.
- PETRUCCO, C., & DE ROSSI, M. (2009). Narrare con il digital storytelling a scuola e nelle organizzazioni. Roma, Carocci.
- DE ROSSI, M., & PETRUCCO, C. (2013). Le narrazioni digitali per l’educazione e la formazione. Roma, Carocci.
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Le icone utilizzate in questo articolo sono tratte da openclipart.org con licenza Creative Commons Zero 1.0. Per gli opportuni riferimenti a ciascuna di esse, vedere il testo alternativo all’immagine stessa.
Didattica digitale e scienze: un’esperienza nella scuola primaria
Da Antonietta Pau, insegnante e animatore digitale presso Assemini 2 “Dionigi Scalas”
Sono un’insegnante della scuola primaria che si è avvicinata alla didattica digitale in tempi recenti.
L’anno scorso ho partecipato al progetto Semid@s formandomi come Master Teacher; quest’anno ho seguito, da animatore digitale, il corso organizzato nell’ambito del PNSD. Durante la formazione Semid@s ho avuto l’opportunità di conoscere due persone che hanno segnato una svolta nella mia attività professionale: Anna Rita Vizzari, che ha curato la prima fase del corso Master Teacher, e Annarella Perra, che mi ha guidato e sostenuto nella seconda fase dello stesso e nel corso per animatori digitali.
Prima di questi percorsi mi rapportavo alle tecnologie informatiche quasi esclusivamente per scrivere o per scaricare qualche documento di testo da fotocopiare e proporre alla classe.
Oggi vedo nel digitale uno straordinario mezzo per innovare la didattica, non solo appoggiandosi ad un adeguato corredo di tecnologie hardware e software, ma soprattutto attingendo all’immenso patrimonio di risorse presenti nel web. Quelle gratuite, in particolare, per la loro accessibilità a chiunque abbia tra le mani un dispositivo collegato, hanno in sé una forza rivoluzionaria, dovuta all’aspetto che più mi attrae della Rete: l’essere un fattore globale di propagazione della conoscenza e dei mezzi per elaborarla e condividerla.
Questa premessa permette di conoscere, almeno in parte, le motivazioni personali che stanno dietro l’esperienza didattica che sto per raccontare, senza le quali la stessa non sarebbe altrettanto significativa.
L’esperienza in questione è stata condotta nel 2° Circolo di Assemini in ciascuna delle due classi prime dove insegno, e consiste in due attività di scienze riguardanti rispettivamente le parti dell’albero e le fasi di sviluppo della pianta.
In entrambi i casi ho ritenuto opportuno fare ricorso ad applicazioni webware che stimolassero la partecipazione attiva di tutti gli alunni e li aiutassero a esprimere e a utilizzare le conoscenze acquisite. Gli elaborati prodotti sono visionabili ai seguenti indirizzi (ho indicato l’url breve):
L’applicazione Thinglink mi è sembrata perfetta per ottenere una rappresentazione ipertestuale dell’albero. Si tratta di un software che permette di creare immagini interattive attraverso l’inserimento di tags che rimandano a ulteriori contenuti. La versione base gratuita è in grado di rispondere pienamente alle necessità didattiche, pur nella essenzialità delle sue funzioni.
Dopo avere ricercato tutte le informazioni utili, i bambini, in collaborazione, si sono dedicati al disegno dell’albero. Intanto, a turno, hanno incominciato ad alternarsi alla LIM per scrivere i testi di approfondimento. Successivamente si è proceduto alla digitalizzazione dell’immagine e all’aggiunta, con il programma di grafica Paint, dei nomi presi in esame. Si è quindi effettuato il caricamento dell’immagine stessa e l’inserimento dei testi attraverso un copia e incolla. Tutti si sono positivamente impegnati, in attesa del proprio turno di lavoro ai dispositivi. La fase di digitazione dei testi, oltre che aver permesso di esercitarsi nella videoscrittura, ha avuto il merito di innescare frequenti momenti di riflessione linguistica, elemento non trascurabile nella classe prima della scuola primaria. Il risultato ottenuto, un vero e proprio contenuto web, ha suscitato nei piccoli autori non poca sorpresa, rivelandosi estremamente gratificante. In fase finale è stato proposto un questionario a risposta multipla realizzato con Quizizz, una risorsa gratuita per realizzare test accattivanti e coinvolgenti, da eseguire individualmente; tuttavia nel caso specifico, tenuto conto del livello scolastico, ho preferito far alternare in coppia i bambini alla LIM, concedendo loro un tempo congruo per leggere e scegliere la risposta adeguata.
Il percorso didattico sullo sviluppo delle piante è partito da un’esperienza concreta, la semina di alcune piante e l’osservazione dei diversi stadi di crescita, che è stata documentata per mezzo di immagini fotografiche. Si è quindi passati ad una fase di riflessione e rielaborazione per la quale ho ritenuto essere particolarmente indicato il software gratuito LearningApps, che permette di realizzare, mettendo in campo conoscenze e competenze, applicazioni di diversa tipologia. La timeline da ricostruire mi è sembrata la più adatta alla situazione. Le immagini fotografiche, corredate da didascalie testuali e audio, sono diventate le sequenze da dover sistemare in ordine cronologico. Per confezionare l’app, la classe si è dovuta impegnare su più versanti: scegliere a maggioranza il titolo e la frase di feedback tra quelli proposti dai bambini stessi, stabilire la corretta successione temporale e procedere alla stesura dei testi da associare alle immagini. Ho richiesto inoltre di completare autonomamente, in contemporanea al lavoro sulla LIM, una linea del tempo che avevo precedentemente predisposto su scheda ricalcando Il template di LearningApps. A lavoro concluso, tutti hanno provato a cimentarsi con l’applicazione appena prodotta, momento questo utilizzato anche per valutare l’acquisizione dei contenuti propri dell’attività di scienze.
Anche questa volta ho potuto notare da parte degli alunni un approccio verso il lavoro scolastico decisamente partecipe e interessato, il che mi spinge a proseguire nella esplorazione di quello che per me è, come ho premesso, un mondo nuovo, nel quale sto procedendo ancora a piccoli passi.
Ciò che ho raccontato fin qui è una storia di didattica del quotidiano, resa possibile, intendo sottolinearlo, dall’appoggio delle docenti con cui collaboro nelle due classi. In essa, l’ausilio di strumenti capaci di suscitare coinvolgimento e spingere alla cooperazione si è rivelato determinante sul piano dell’interesse e dell’inclusività, due presupposti imprescindibili per un insegnamento efficace.